2° Certame Letterario Archita “In Mytho Veritas”

Il giorno 9 febbraio 2015 alle ore 10.30 presso Palazzo Pantaleo, Rampa Pantaleo n°6( C.so Vittorio Emanuele), Taranto, si è tenuta la premiazione degli studenti che hanno partecipato al 2° Certame Letterario Archita “In Mytho Veritas”. Sono stati invitati tutti gli alunni che hanno inviato gli elaborati relativi alla sezione racconto ed alla sezione poesia.   

VI Ἀγὼν Ταραντῖνος / Certamen Tarentinum

VI Agone Tarantino: la cerimonia di premiazione

Si è tenuta sabato 11 aprile 2015, presso la Sala degli Specchi di Palazzo di Città, la cerimonia di premiazione dei vincitori dell’Agone Tarantino, gara nazionale di traduzione dal greco, promossa dal Liceo “Archita” e dalla Delegazione tarantina dell’AICC (Associazione Italiana di Cultura Classica), con la collaborazione scientifica dell’Università di Bari “Aldo Moro” e il Patrocinio del Comune e della Provincia di Taranto e della Regione Puglia.
Giunto ormai alla sua sesta edizione, l’Agone ha visto la partecipazione di diciotto studenti del penultimo e ultimo anno provenienti da sette Licei classici della Puglia, i quali si sono cimentati nella traduzione di un brano tratto dai “Moralia” di Plutarco, “Il simposio dei sette sapienti”, particolarmente significativo per il suo messaggio: infatti, nell’ambito di una riunione conviviale,
che nella Grecia antica rappresentava un momento di incontro e saggezza, i sette savi si ritrovano a discutere di politica e di democrazia, dissertando su quale sia lo Stato migliore: “quello – afferma Pittaco – dove non sia possibile che i disonesti governino e gli onesti non governino”.
Ad interpretare il testo con accortezza sintattica e fluidità lessicale è stata Chiara Alfarano, studentessa del Liceo Classico di Casarano (Lecce), che si è aggiudicata il 1° premio, consistente in 500 euro offerti dalla Banca Popolare di Puglia e Basilicata. Il 2° premio di 300 euro, offerto dall’AICC di Taranto, è andato invece ad una allieva del Liceo “Tito Livio” di Martina Franca, Elena Urso. Ancora ad un’alunna del Liceo di Casarano, Giorgia Adamo, è spettato il 3° premio, 200 euro erogati dal Liceo “Archita”. Ma parole di elogio sono state rivolte a tutti i partecipanti dalla Commissione giudicatrice, costituita dai proff. Mario Andreassi e Mario Lazzarini e dalle proff.sse Gaetana Abruzzese e Stefania Danese.
La cerimonia di premiazione è stata introdotta dai saluti del Preside del Liceo “Archita”, prof. Pasquale Castellaneta, e della prof.ssa Gaetana Abruzzese, del Direttivo dell’AICC. E’ stata poi la volta del prof. Piero Totaro, Direttore del Dipartimento di Scienze dell’Antichità e del Tardo Antico presso l’Università di Bari, il quale ha voluto sottolineare il rilievo culturale che, nell’ambito pugliese, riveste questo Agone, nato sei anni fa grazie all’impegno di due appassionati studiosi del mondo classico quali il prof. Adolfo Mele e la prof.ssa Francesca Poretti. Ha fatto quindi seguito la conferenza del prof. Mario Andreassi, docente di Cultura Letteraria della Grecia antica presso l’Università di Bari, su “Memoria letteraria a simposio”: un raffronto, seguito con vivo interesse dal pubblico presente in sala, fra la poesia epica e la poesia simposiale di Mimnermo, Teognide, Tirteo, Anacreonte, Archiloco, Ipponatte. Infine, l’analisi testuale del brano plutarcheo, a cura del prof. Mario Lazzarini, della sez. tarantina dell’AICC. Per il Liceo “Archita”, referente del Progetto “Agone Tarantino/Certamina”, è la prof.ssa Tania Rago, che ha curato l’organizzazione dell’evento e i rapporti con i Licei partecipanti.

Loredana FLORE

 

Si pubblicano il bando, l’invito, la locandina ed i moduli di partecipazione alla VI edizione dell’AGON TARANTINOS

Storia dell’ Ἀγὼν Ταραντῖνος / Certamen Tarentinum

BREVE STORIA DEL CERTAMEN TARENTINUM

Il Liceo Statale “Archita” nell’anno 2009-2010 ha bandito, nel mese di gennaio 2010, insieme alla delegazione tarantina dell’AICC e all’Assessorato Scuola-Università della Provincia di Taranto, il 1° Ἀγὼν Ταραντῖνος / Certamen Tarentinum, gara di traduzione dal greco o dal latino, ad anni alterni. La prima edizione ha previsto una gara di traduzione dal greco ed anche una sezione di ricerche sul tema: La condizione della donna nella società magno-greca nel V sec. a.C. La prova di traduzione si è svolta nei locali del Liceo “Archita” il 19 aprile 2010; la gara, di ambito provinciale, ha visto la partecipazione di studenti del penultimo e dell’ultimo anno di quasi tutti i Licei classici della Provincia (cinque licei in tutto), che si sono cimentati con serietà e impegno nella comprensione e nel commento di un passo tratto dal VI libro della Geografia di Strabone, storico dell’età di Augusto. Successivamente, una Commissione composta dal prof. Piero Totaro, docente di Storia del teatro classico presso l’Università degli Studi di Bari, dal prof. Adolfo Mele, docente in pensione del Liceo “Archita” e Presidente della delegazione tarantina dell’AICC, dalle docenti di Latino e Greco, proff. sse Gisella Tanoni e Anna Romano, rispettivamente del Liceo Classico “Q.Ennio” di Taranto e “T. Livio” di Martina Franca, ha selezionato i vincitori del 1°, 2° e 3° premio e del miglior elaborato; la cerimonia di premiazione si è svolta nel Salone della Provincia il 28 I vincitori del 1° Ἀγὼν Ταραντῖνος /Certamen Tarentinum sono stati: 

1^ Premio: EDOARDO SOLITO – Classe IV A (sperimentale) – LICEO CLASSICO “T. LIVIO” – MARTINA FRANCA (TA)

2^ Premio: CARLO RIPA – Classe III A – LICEO CLASSICO “ARCHITA” – TARANTO

3^ Premio: GRAZIANA DE CHIRICO – Classe III A – LICEO CLASSICO “DE SANCTIS” – MANDURIA (TA)

Il Premio Sezione Ricerche (€ 300 consegnati dalla delegazione tarantina dell’AICC) è stato conferito agli alunni del LICEO CLASSICO “Q. ENNIO” – TARANTO: Marco COZZA, Monica GALIANO, Marco PELUSO (classe II E), coordinati dalla prof.ssa Gisella TANONI, e agli alunni Antonietta ALBANO, Emanuele PARADISO, Giorgia VERNA (classe II I), coordinati dalla prof.ssa Patrizia D’ELIA, per l’elaborato “Le figlie di Pandora”.

Alla cerimonia di premiazione ha partecipato un pubblico numeroso e qualificato, che ha seguito con interesse anche la brillante e dotta conferenza tenuta dal prof. Piero Totaro su “Nuovi studi sul rapporto fra tragedia attica e pittura vascolare”. Il Certamen Tarentinum, organizzato dal Liceo Classico “Archita” di Taranto e dalla Delegazione tarantina dell’AICC, con il patrocinio del Comune e della Provincia di Taranto, proposto, nella sua seconda edizione (2010-2011), come gara nazionale di traduzione dal latino, destinato agli studenti del penultimo e dell’ultimo anno dei licei classici e scientifici di tutta Italia (2 per ogni scuola), ha visto la partecipazione di 12 scuole, delle province di Taranto, Bari, Foggia e La prova si è svolta nei locali del Liceo “Archita” il 19 aprile 2011.

Il 27 maggio 2011 si è svolta, nella Sala Paisiello del Liceo “Archita”, la cerimonia di premiazione dei vincitori del Certamen Tarentinum. Il brano su cui si sono cimentati i concorrenti era tratto dal libro XXIV degli Annales di Livio. Ha esaminato e giudicato gli elaborati una Commissione composta dal Presidente, prof. Giovanni Cipriani (Università di Foggia), e dai commissari, proff. Adolfo Mele (Presidente della Delegazione tarantina dell’AICC), Damiano Palma, Nella Abruzzese, Anna Romano e Gisella. Sono risultati vincitori di questa seconda edizione:

1^ premio: GIULIA BACCARO – LICEO CLASSICO “T. LIVIO” – MARTINA FRANCA (TA)

2^ premio: FILIPPO DE BELLIS – LICEO CLASSICO “ARCHITA” – TARANTO

3^ premio: JACOPO MASCIULLO – LICEO SCIENTIFICO “BATTAGLINI” DI TARANTO

Alla cerimonia, coordinata dal prof. Michele Marangi, Dirigente dell’”Archita”, sono intervenuti gli assessori del Comune di Taranto Lucio Pierri e Mario Pennuzzi, che hanno portato i saluti del Il prof. Gianni Cipriani ha tenuto una lectio magistralis, su “Tradurre Virgilio”, in cui, dopo aver illustrato il commento dei grammatici antichi (Tiberio Claudio Donato, soprattutto) ai vv. 721-804 del II libro dell’Eneide virgiliana (quelli in cui Enea racconta a Didone come perse Creusa durante la fuga da Troia), ha presentato la sua eccellente traduzione degli stessi versi, nella recitazione dell’attore Michele D’Errico (della Compagnia “Il cerchio di gesso”) Il prof. Adolfo Mele ha tradotto e commentato il brano proposto ai concorrenti, ricostruendo il passo dal punto di vista storico-politico, con precisazioni sui rapporti familiari dei personaggi di cui si parlava, e sottolineando gli aspetti stilistico-retorici e linguistici della scrittura liviana. Nella sua terza edizione, il Certamen Tarentinum, destinato agli studenti del penultimo e dell’ultimo anno dei licei classici di tutta Italia, ha visto la partecipazione di alunni provenienti dai licei classici di Taranto, Grottaglie (TA), Martina Franca (TA), Nardò (LE), Lucera (FG), Teano (CE), S. Maria Capua Vetere (CE) e Nola (NA).

La gara si è svolta in un’aula del Liceo Classico “Archita” il 19 aprile 2012. Il brano su cui si sono cimentati i concorrenti era tratto dalla Vita di Nicia di Plutarco. Ha esaminato e giudicato gli elaborati una Commissione composta dal Presidente, prof. Piero Totaro (Università di Bari), e dai commissari, proff. Adolfo Mele (Presidente della Delegazione tarantina dell’AICC), Nella Abruzzese, Anna Romano e Gisella Tanoni.

Lunedì 28 maggio 2012, nella Sala Paisiello del Liceo “Archita”, si è svolta la cerimonia di premiazione dei vincitori:

1^ premio: GABRIELE D’ALANNO, LICEO CLASSICO “T. LIVIO” DI MARTINA FRANCA (TA)

2^ premio: ANNA CHIARA STRAFELLA, LICEO CLASSICO “G. GALILEI” DI NARDÒ (LE)

3^ premio: ELEONORA LOFFREDO, LICEO CLASSICO “Q. ENNIO” DI TARANTO

Il prof. Piero Totaro ha introdotto l’argomento della sua conversazione dal titolo “Testo e scena negli Uccelli di Aristofane”, suscitando interesse e partecipazione, soprattutto per la esauriente discussione su quello che meno conosciamo del teatro greco classico, cioè, la messa in scena di uno spettacolo antico (nel nostro caso, di una commedia), in relazione alla scenografia, ai costumi, ai movimenti del coro e degli attori. Quindi, il prof. Adolfo Mele ha tradotto e commentato il brano proposto ai concorrenti, ricostruendo il passo dal punto di vista storico-politico, con precisazioni sull’atmosfera politico-sociale creatasi all’indomani della sconfitta ateniese al fiume Assinaro (413 a.C.); si è, quindi, soffermato sugli aspetti stilistico-retorici e linguistici della prosa di Plutarco.

Prof. Adolfo Federico Mele

Presidente della Delegazione tarantina dell’AICC

IV Ἀγὼν Ταραντῖνος / Certamen Tarentinum

“IV Certamen Tarentinum – 2013”

Domanda di Partecipazione IV Certamen Tarentinum

Comunicazione Nominativi IV Certamen Tarentinum

 IV Certamen Tarentinum – Cerimonia di premiazione dei vincitori. Venerdì 3 maggio 2013, alle ore 17.30, Sala degli Specchi – Palazzo di Città.

Durante la premiazione, il prof. Piero Totaro (docente di Letteratura Greca presso l’Università di Bari) terrà una conferenza su “Maschere di potenti nella commedia greca antica” e il prof. Adolfo Mele illustrerà il passo oggetto della prova.

Tesina Premio Pirandello 2004

 

   Liceo Statale “Archita”

                                            DISTRETTO SCOLASTICO N° 53

                                                                           _______________________________

                         74100  TARANTO   –  Piazza della Vittoria , 33

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Fondo Sociale Europeo

 

XLI

CONVEGNO INTERNAZIONALE DI STUDI

PIRANDELLIANI

 

 AGRIGENTO 5 – 8  DICEMBRE 2004

   

“UNA NOTTE DI GIUGNO CADDI …”

LA NOTTE E L’ULIVO SARACENO NEI GIGANTI

DI PIRANDELLO

                                                                                        

  STUDENTI

 

Valentina Geretto

Flavia Palombo

Rita Secondo

Romilda Tucci

 

“UNA NOTTE DI GIUGNO CADDI…”

LA NOTTE E L’ULIVO SARACENO NEI GIGANTI  DI PIRANDELLO

 PREMESSA

 

E’ la notte la dimensione fondamentale de I Giganti della montagna. E’ quanto abbiamo scoperto leggendo e rileggendo un’opera che affascina soprattutto per la sua atmosfera notturna. Ed è il tema che abbiamo voluto indagare, proprio perché cattura, ti prende e perché ci ha fatto pensare ad altre notti, di altri tempi, di altre opere, di altri autori, nei quali abbiamo potuto, ma forse abbiamo voluto o creduto, di scorgere echi che portano irresistibilmente alla notte pirandelliana dei Giganti.

Tutto ciò che accade nei Giganti accade di notte. E’ questo il momento in cui i personaggi sembrano rivivere nella villa nella quale si aggirano come fantasmi; è questo il momento in cui tutto ciò che è inanimato si anima; è il momento in cui la Sgricia incontra l’Angelo Centuno; è il momento in cui Maria Maddalena va a rifugiarsi nella Villa; è il momento delle apparizioni, dei fantasmi, degli spiriti, dei sogni “che acquistano uno spessore ontologico tale, che appaiono come reali a pieno titolo” [1], come ci dice Giovanni Reale, dal cui bel saggio abbiamo tratto il primo spunto per questo lavoro. La notte è quindi la dimensione che Pirandello intende proporre come fonte di verità, come “sorgente di illuminazione”, come suggerisce Umberto Artioli in un suo scritto[2] .

E allora, partiamo da qui per questa nostra avventura!

 

1)    QUALCHE CONSIDERAZIONE PRELIMINARE

 

Inizia con la notte la vita stessa di Pirandello.

“… una notte di giugno caddi come una lucciola sotto un gran pino solitario in una campagna d’olivi saraceni affacciata agli orli d’un altipiano di argille azzurre sul mare africano”.[3]

Non è forse un caso se, in questo frammento delle sue Informazioni sul mio involontario soggiorno sulla terra, Pirandello, oltre ad averci voluto informare di essere nato di notte, decreta quest’ultima come il suo imprinting con la realtà. E la notte, la ritroveremo come elemento costante delle sue opere.

Se l’altro elemento caratteristico della poetica e dell’ideologia pirandelliana è il suo pessimismo, le cui radici vanno ricercate forse nelle vicende spesso travagliate della sua vita, che contribuirono ad orientarlo verso la sua drammatica riflessione sul mondo e sull’uomo, potremmo giungere a concludere che la prima di queste esperienze travagliate è la sua nascita “notturna”, che ha segnato il suo primo impatto con la realtà.

La notte per Pirandello è sempre qualcosa di misterioso, il luogo in cui si possono inverare i sogni, i fantasmi, ed è perciò anche rifugio. Rifugio dal suo pessimismo, dalla sua visione desolante dell’uomo e della vita. Nel momento in cui coglie l’alienazione dell’uomo moderno e il suo destino nel mondo, sembra rifugiarsi nella notte, dove i sogni, i fantasmi,  l’oltre, il mistero possono colorarsi di una dimensione reale e dove la verità, mescolandosi e fondendosi con l’apparenza e l’illusione, può facilmente mostrarsi, senza timore di essere respinta. E’ proprio nel mito della notte che sembrano confluire tutte le verità rifiutate dalla coscienza. E Pirandello, nel sottolineare l’atmosfera notturna, potrebbe anche esprimere la necessità umana di “volare” liberi da tutto ciò che ci lega ai bisogni concreti, potrebbe esprimere quel bisogno di non esistere per quello che si è ma per quello che si sogna di essere.

 

2)     LA NOTTE DI COTRONE, DEGLI SCALOGNATI E DEGLI ALTRI

 

“Al levarsi della tela è quasi sera” [4]dice subito Pirandello nella didascalia iniziale.

E così la villa della Scalogna ci viene descritta in uno scenario serale, che presenta il suo interno “illuminato da strani lumi colorati che dàn parvenza di misteriose apparizioni”[5] e sul cui sfondo appaiono i primi personaggi, che sono la Sgricia, Duccio Doccia e Quaquèo.  Più in là, sempre nella didascalia,  aggiungerà che “ a tratti da dietro la villa s’aprono anche larghi fiati di luce, come lampi d’estate”. [6]

E’ uno scenario che non sembra affatto preludere al momento del riposo, ma piuttosto preannunciare un vero e proprio risveglio della villa stessa.

Nel corso dell’opera si passa dal crepuscolo alla luce dell’alba lunare e quindi alla notte e infine al giorno. I passaggi tra un momento e l’altro sono delicatamente rilevati dalla descrizione dell’autore che riesce, con la scrittura, quasi a dipingere la scena.

La notte si annuncia con lo svanire lento della luce, successivamente con il morbido distendersi del tenue chiarore crepuscolare e poi con il primo delicato albore che annuncia il sorgere della luna.

Tutti questi momenti, che scandiscono il passaggio da un giorno all’altro, assumono chiaramente un particolare significato nell’opera pirandelliana.

Per gli uomini, qui rappresentati dalla residua compagnia di Ilse, la sera appare come il tempo del ricordo di un passato che torna come un incubo. Per gli abitanti della Villa la sera è invece “l’introduzione al Nero Reame”[7], come ha sottolineato Umberto Artioli e l’alba lunare è annuncio, apertura verso un nuovo mondo, un nuovo stato. E’ lo stato che regnerà sovrano nella notte, che diventa l’ambito del sogno, dell’irrazionale.

Il mago Cotrone cerca di sottrarre Ilse all’ eroico martirio di portare sulla scena La favola del figlio cambiato, che la contessa sente come una sua creatura, davanti ad un pubblico gretto e insensibile all’arte, cercando di convincerla che l’unico posto in cui il suo sogno d’arte possa avverarsi è la Villa e l’unico momento in cui l’arte possa riprendere vita è la notte. E Cotrone utilizza la notte come “sorgente di illuminazione”, per condurre Ilse alla consapevolezza che la vera felicità consiste nel “liberare l’anima dagli impacci terreni quali il decoro, l’onore, la dignità, la virtù, cose tutte che le bestie nella loro beata innocenza ignorano” [8] e vuole indurla ad abbandonarsi a questi incanti silenziosi e diventare padroni di niente e di tutto, proprio come gli Scalognati.

Per raggiungere il suo scopo Cotrone allestisce proprio nel cuore della Notte l’Arsenale delle apparizioni, per far sì che lo spirito della notte prenda il sopravvento ed “inizino a venir fuori dal segreto dei sensi o… dalle caverne dell’istinto” [9] quelle verità che la coscienza rifiuta ed inizino a prendere forma quei fantasmi che non sono frutto di pura immaginazione, ma nascono da noi stessi, dai nostri desideri.

Ma Cotrone non riesce a persuadere Ilse, la quale, seppure impressionata, rimane saldamente e disperatamente ancorata al mondo. La sconfitta di Cotrone si avverte nel momento in cui sopraggiungono le prime luci dell’alba e così quell’atmosfera misticheggiante e salvifica svanisce, in quanto solo la notte è sorgente di illuminazione e solo in essa si può cercare il riscatto dal passato.

C’è una forte differenza simbolica tra Notte e Giorno, sapientemente sottolineata dalla tumultuosa cavalcata dei Giganti che interrompe il clima magico che Cotrone con le sue arti era riuscito a creare, e l’una e l’altro si pongono su due piani diametralmente opposti.

La Notte, come già si è sottolineato, ha la facoltà di condurre al raggiungimento della verità. Il Giorno, invece, è per l’uomo stesso causa di cecità. E’ una visione  che fa il paio con la doppia antitesi Notte – Luce, Giorno – Ombra, la quale, attraverso le metafore della Luce e dell’Ombra, indica la diversa condizione del nascente e dell’illuminato. Umberto Artioli, nel trattare questo aspetto del dramma pirandelliano, sostiene, richiamandosi alla tradizione romantica, da Novalis a Breton, che Pirandello, “dislocando il mito nell’arco di una giornata, incerniera l’azione in un archetipo temporale, consegnato all’antitesi di Buio e Chiarore”. In questa antitesi la “fonte di vera vita” è la Notte, mentre “alba e tramonto” sarebbero “i punti di massima conflittualità…”[10].

 

3)    LA NOTTE, I SOGNI, I FANTASMI IN ALTRE OPERE E IN ALTRI AUTORI.

 

Il tema della notte e quello dell’antitesi Giorno – Notte trovano ampi riferimenti e precedenti, come si accennava poc’anzi,  in opere e autori tanto della nostra civiltà letteraria che di quella europea. Ci limiteremo qui ad indicare solo qualche esempio, in cui ci pare che  il tema abbia assunto una particolare valenza, tale comunque da fare irresistibilmente pensare a Pirandello.

Già diversi critici letterari, dallo stesso Artioli ad Alonge[11] ad altri,  hanno visto nei Giganti della montagna un ascendente pitagorico, ritrovandolo nel simbolismo numerologico, nello stesso nome di Cotrone, anagramma di Crotone, dove Pitagora fondò una comunità mistico – iniziatica, che appare tanto simile a quella degli Scalognati e in altri elementi. Ma c’è un altro aspetto che può avvalorare l’ascendenza pitagorica dei Giganti e questo è dato proprio dalla notte e dal significato che essa assume nell’opera pirandelliana. Non si dice forse che Pitagora prediligeva la notte per parlare ai propri allievi o per ascoltarli? E non è forse la stessa cosa che fa Cotrone, il quale, come fa rilevare Alonge, similmente a Pitagora teorizzava “che tutta l’aria era piena di anime, ritenute demoni ed eroi, da cui sono mandati agli uomini i sogni e i segni di malattia e di salute”[12]?

E forse la notte non è un elemento costante della Bibbia, nella quale molti tra i più significativi episodi hanno luogo di notte? Di notte avviene l’episodio della pesca miracolosa operata da Gesù, di notte avviene l’ultima cena, e di notte Gesù si reca nell’orto degli ulivi per pregare, di notte è catturato, ed è notte quando risorge e si fa notte nel momento della sua morte.

E, per venire più vicino ai tempi nostri, la dimensione della notte pirandelliana non sembra forse  anticipare quella di Freud, che vede la notte come rifugio dell’inconscio? O se vogliamo ancora andare più indietro, come non pensare alle tante notti del Romanticismo europeo e italiano? Pensando alla notte pirandelliana, ci è venuta in mente la pittura di Fussli. Una pittura che coglie l’attimo in cui l’ io si libera nel sogno visionario, momento in cui l’inconscio prende il sopravvento sulla ragione e presenta ai nostri occhi immagini incontrollate, generando mostri, fantasmi e allucinazioni che ci svelano proprio quei sentimenti che di giorno non riusciamo ad ascoltare. Ma già Fichte considerava il sogno “uno dei misteriosi benefici di natura autoterapeutica

dello spirito” [13] e il fisiologo Burdack diceva che “ il sogno ci rapisce in un altro mondo”, in esso “ non si ripete mai la vita del giorno con le sue fatiche e i suoi piaceri, le sue gioie e i suoi dolori; il sogno tende anzi a liberarcene” e Strumpell aggiungeva che “l’anima nel sogno è isolata e quasi senza ricordo del contenuto normale della vita vigile”[14]. Sono parole che sembrano richiamare quelle  di Cotrone quando invita Ilse ad oltrepassare la soglia della Villa:”…se volesse entrare un po’ nella villa, si sentirebbe subito riconfortata”, la Villa che, per dirla con Artioli, rappresenta la “soglia dell’intimità segreta, dell’immaginario puro e senza residui, soglia al di là della quale la realtà deve tacere[15].

E forse che nella notte dei Giganti non si avverte più di qualche eco delle notti leopardiane? L’ atra notte di Bruto e quella placida di Saffo, e il ragionar notturno del poeta con levaghe stelle dell’Orsa. E poi la notte della Sera del dì di festa: “…ed alla tarda notte/ un canto che s’udia per li sentieri/ lontanando morire a poco a poco,/ già similmente mi stringea il core”.

Ma, sulla base delle suggestioni che lanciava nel suo saggio Giovanni Reale, su tre autori, le cui notti ci richiamano quelle pirandelliane, vogliamo soffermare la nostra attenzione: Novalis, Pedro Calderon del la Barca e San Giovanni della Croce.

Novalis, per esempio, nei suoi Inni alla notte inizia con un elogio del giorno, o meglio della luce in sé. Tuttavia, dopo pochissimi versi, egli si distoglie da questa luce e si volge“verso la sacra, ineffabile, misteriosa notte”.

Egli appare completamente immerso in una visione che potremmo dire… pirandelliana della Notte.

E così scrive: ”Lontano giace il mondo –/ perso in un abisso profondo –/ la sua dimora è squallida e deserta”. E più in là aggiunge:  “…brevi gioie e vane speranze/ di tutta la lunga vita/ vengono in vesti grigie,/ come nebbie della sera/ quando il sole è tramontato[16]. Non solo, egli vede la notte non tanto come rifugio momentaneo o come momento di innalzamento tutto spirituale, ma come il mezzo per raggiungere quell’equilibrio dell’anima, cui noi tutti aspiriamo e che cerchiamo di raggiungere per tutta la vita. E’ ancora Novalis che, riferendosi alla notte, dice: “Le gravi ali dell’anima tu innalzi… Come infantile e povera/ mi sembra ora la luce -/ come grato e benedetto/ l’addio del giorno”. [17]

Si avverte qui come un risveglio. La luce cerca di irrompere in ogni modo in quello spiraglio di tranquillità così faticosamente conquistato. E Novalis, che potremmo chiamare il “poeta della notte”, parla di quest’ultima come di “…regno senza tempo e senza spazio. –  Eterno dura il sonno. Sonno santo…”.[18]

E’ davvero interessante come le visioni di due autori, lontani tra di loro, cresciuti in mondi e contesti diversi (ma non dobbiamo dimenticare tuttavia che Pirandello conosceva bene la letteratura tedesca e certamente avrà letto gli Inni alla notte di Novalis) abbiano dei fili che le legano su qualcosa di così inafferrabile e sfuggevole come la notte.

Ci sembra di entrare in un’atmosfera rarefatta, pirandelliana, anche quando leggiamo alcuni versi di In una notte oscura di San Giovanni della Croce:

“In una notte oscura//ma con ansie d’amore tutta

infiammata

o felice ventura, //uscii, né fui notata,//stando la mia casa addormentata.

Io nel buio e sicura, // per la segreta scala, travestita,

o felice ventura, // a ogni lume sfuggita,// tutta la casa mia stando

sopita:

nella notte gioiosa, // il segreto e nessuno mi scorgeva,

né io vedevo cosa, // senz’altra luminosa guida, // che il raggio che nel cuore

ardeva…[19]

E’ il canto dell’anima che perviene ad una dimensione mistica nella notte oscura.

L’anima esce dal corpo, salendo i gradini della scala mistica, senza essere vista da nessuno. Esce dalla dimora dei sensi che dormono e non la trattengono più. E la notte è qui oscura, ma è il tramite per l’ascesi mistica e perciò diventa anche notte gioiosa, capace da sola, “senz’altra luminosa guida”, di far scorgere “il raggio che nel cuore ardeva”. La notte è anche qui “sorgente di illuminazione”.

Aggiungerà, infatti:

“Questa notte che diciamo essere la contemplazione, produce nelle persone spirituali due specie di tenebre, o purificazioni, secondo le due parti dell’uomo, la sensitiva e la spirituale. E così una notte o una purificazione sarà sensitiva: per mezzo di essa l’anima si purifica secondo il senso, riducendolo più conforme allo spirito; l’altra sarà notte o purificazione spirituale con la quale l’anima si purifica e diventa nuda secondo lo spirito, adattandolo e disponendolo all’unione dell’amore con Dio”.[20]

E, ad ulteriore chiarimento, conclude:

“ Resta dunque da dire come questa notte oscura, benché ottenebri lo spirito, lo faccia unicamente per infondergli luce in tutte le cose. Se lo umilia e lo rende miserabile, lo fa soltanto per esaltarlo ed elevarlo; se lo rende povero e vuoto di ogni possesso e affetto naturale, lo fa solo perché si possa divinamente espandere a godere di tutte le cose celesti e terrene con grande e totale libertà di spirito”.[21]

 La notte infonde luce nello spirito e Dio stesso appare percepito non nella luce trasparente del giorno, come esperienza evidente e razionalmente esprimibile, ma nel buio della notte, nel silenzio solitario della contemplazione muta.

Anche  alcuni versi di Pedro Calderòn de la Barca, tratti da La vita è sogno, sembrano riecheggiare espressioni che si ritrovano nei Giganti della montagna. Dirà Sigismondo nella XIX scena:

“… Ci troviamo

in un mondo così strano

dove vivere è sognare…

Cos’è la vita? Un delirio.

Cos’è la vita? Un’illusione,

un’ombra, una finzione;

ed è niente anche il bene più grande;

perché la vita è sogno,

e i sogni non sono che sogni”.[22]

Ecco cosa dice Pirandello, per bocca di Cotrone:

“E’ la villa. Si mette tutta così ogni notte da sé in musica e in sogno. E i sogni a nostra insaputa vivono fuori di noi, per come ci riesce di farli, incoerenti…”.[23] E quando Ilse gli chiede se inventa la verità, Cotrone così risponde:

“Non ho mai fatto altro in vita mia! Senza volerlo, Contessa. Tutte quelle verità che la coscienza rifiuta. Le faccio venir fuori dal segreto dei sensi, o a seconda, le più spaventose, dalle caverne dell’istinto. Ne inventai tante al paese, che me ne dovetti scappare, perseguitato dagli scandali. Mi provo ora a dissolverle in fantasmi e in evanescenze. Ombre che passano. Con questi miei amici mi ingegno di sfumare sotto diffusi chiarori anche la realtà di fuori, versando, come in fiocchi di nubi colorate, l’anima, dentro la notte che sogna”.[24]

La vita come sogno, come illusione, ombra, finzione, fantasma, evanescenza!

C’è tanto Calderòn in Pirandello, come c’è tanto Pirandello in Calderòn! Un autore che già, in quel lontano secolo del barocco, insieme ad altri, non solo riflette tanto sui grandi temi, che saranno poi novecenteschi, della illusorietà della vita e del mondo e del rapporto di ogni individuo con il destino, ma sviluppa pirandellianamente, oseremmo dire, la metafora del mondo e della vita come teatro. Sintomatico è già il titolo di una delle sue opere teatrali fondamentali, Il gran teatro del mondo, scritta nel 1663.

 

 

 

4)    UN SALTO NELL’ OGGI

 

Non solo l’arte, quella letteraria, ma anche quella figurativa, ha dato così largo spazio al tema della notte e ai misteri onirici. Anche la musica, quella di oggi, parla spesso di sogni…Ci siamo trovate a canticchiare, mentre leggevamo I Giganti, le parole di una canzone di Edoardo Bennato. Parole che ci dicono come arrivare al posto più famoso del mondo, il posto in cui ogni bambino, ma anche ogni adulto, vorrebbe rifugiarsi per sfuggire una realtà che non fa sognare.

“Seconda stella a destra, questo è il cammino e poi dritto fino al mattino, poi la strada la trovi da te…porta all’isola che non c’è” [25]. Ecco per dove si giunge all’isola che non c’è! “.

E perché non pensare alla favola di Peter Pan che, in fin dei conti, ha il potere di riportarci a tutto questo? A quanti di noi, da bambini, è capitato di sentirci raccontare questa storia di Peter Pan. Una storia travolgente, che può ancora affascinare per la sua capacità di riflettere e far riflettere, con eleganza e con humour, sui grandi temi dell’esistenza, sul rapporto fantasia – realtà, piaceri – doveri, vita – morte. Non solo ! E’ anche una storia sulla fede in qualcosa che va oltre il visibile, verso l’isola che non c’è, appunto. In fondo, la storia di Peter era stata raccontata anche a Wendy, protagonista femminile della favola… Wendy, ossessionata dall’eterno bambino, finisce col suscitare la curiosità di Peter che non solo va a trovarla, ma la porta con sé nell’isola. E quando accade? Di notte ovviamente, ossia durante l’unico momento della giornata che, avvolto nelle tenebre, lascia che tutto ( sogni, fantasie)  appaia interessante e avvincente.

Per questo la favola  di Peter Pan non è ancora superata. Peter vive su un’isola perché ha paura di affrontare una realtà così grigia per lui, una realtà che lo ha rifiutato da quando era ancora in fasce. Wendy lo inviterà a tornare a Londra con lei, ma egli rifiuterà, giustificandosi così: “Non posso…mi faranno andare a scuola, e poi mi chiuderanno in un ufficio”. E Wendy non può dargli torto.. Forse nessuno di noi vorrebbe che un eterno bambino, capace di volare, si prendesse cura di noi, combattendo con i pirati e facendoci mangiare del cibo immaginario. Ma quanti di noi, di notte, non vorrebbero davvero volare sulla propria isola, seguendo le stelle, solo per l’illusione momentanea di potersi liberare delle oppressioni e delle responsabilità di ogni giorno?

Ed è questo che poi succede nella Villa della Scalogna, il posto in cui i sogni più nascosti possono prendere forma, materializzandosi con spirito indipendente. I personaggi della Villa, quelli che ci abitano e quelli che sono giunti all’ultimo momento, vogliono conservare l’arte, mettendola al riparo da un mondo troppo ottuso e brutale per poterla comprendere completamente. Peter Pan invece vuole salvaguardare la sua capacità di sognare e di usare la fantasia per creare qualcosa di davvero meraviglioso.

In una società troppo presa a cercare qualcosa di originale, piuttosto che a rendersi conto che l’originalità ci sarebbe se qualcuno si fermasse a sognare, i personaggi dei Gigantisi ritagliano il loro spicchio di mondo… come Peter Pan, Wendy e i bambini sperduti che volano su un’isola che non c’è…

Non possiamo giudicare, tanto meno biasimare, chi ancora oggi, prima di addormentarsi, ha bisogno di guardare il cielo, fissando una stella lontana, sperando che sia l’isola, perché ognuno di noi ha bisogno di sognare un’isola, una villa o semplicemente una passeggiata sulla spiaggia al chiaro di luna, per sentirsi vivo e partecipe di una Notte così carica di misteri e di possibilità.

“Seconda stella a destra questo è il cammino, e poi dritto fino al mattino non ti puoi sbagliare perché quella è l’isola che non c’è! E ti prendono in giro se continui a cercarla, ma non darti per vinto perché chi ci ha già rinunciato e ti ride alle spalle forse è ancora più pazzo di te”.[26]

 

 

CONCLUSIONI

 

Possiamo concludere con le parole di Stefano Pirandello che ci ricordano la penultima notte della vita del padre (ancora la notte!) e che, ci sembra, avvalorino e aggiungano un ulteriore senso alla ricerca, che fino a qui abbiamo condotto.

“Non posso sapere e nessuno potrà sapere se all’ultimo, nella fantasia di mio padre, che fu occupata da questi fantasmi durante tutta la penultima notte della sua vita, tanto che alla mattina mi disse che aveva dovuto sostenere la terribile fatica di comporre in mente tutto il terzo atto, e che ora, avendo risolto ogni problema, sperava di poter riposare un poco, – in quest’ultimo concepimento, la materia non si fosse atteggiata altrimenti. Io seppi da lui, quella mattina, soltanto questo: che aveva trovato un olivo saraceno.

–         C’è – mi disse sorridendo – un olivo saraceno grande, in mezzo alla scena, con cui ho risolto tutto. – [27]

Una vita che inizia in  una notte, in una campagna d’olivi saraceni, e si conclude in un’altra notte e con l’immagine del grande olivo saraceno, che doveva essere il suggello della sua ultima e più grande opera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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BIBLIOGRAFIA

 

1)    Giovanni REALE, Pirandello e il mistero, in  Pirandello e la fede, atti del XXXVII Convegno internazionale di Studi Pirandelliani,, Edizione Centro nazionale studi pirandelliani, Agrigento, 2000.

2)    Umberto ARTIOLI, La madre e i figli cambiati: il Gigante e l’Angelo, in Testi e messa in scena in Pirandello, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1986.

3)     Luigi PIRANDELLO: Informazioni sul mio involontario soggiorno sulla terra, in L. PIRANDELLO, Saggi, Poesie, scritti vari, a cura di Manlio Lo Vecchio – Musti, Arnoldo Mondatori editore, Milano 1993.

4)    Luigi PIRANDELLO, I Giganti della montagna, con Introduzione di Nino Borsellino e Prefazione e note di Marziano Guglilminetti, Garzanti Editore, Milano 1995.

5)    Roberto ALONGE, I Giganti della Montagna nella scena europea del Novecento, in I Giganti della montagna, atti del 41° Convegno internazionale di studi Pirandelliani, ed, Centro nazionale studi pirandelliani, Agrigento, 2004.

6)    Roberto ALONGE, I Giganti della montagna, l’ enigma di un’opera incompiuta, introduzione a I Giganti della Montagna, Arnoldo Mondatori Editore, Milano 1993.

7)    Sigmund FREUD, L’interpretazione dei sogni, ed. CDE s.p.a. – Milano su licenza dell’Editore Boringhieri, 1973, p.28

8)    Friedrich, Leopold VON HARDENBBERG, NOVALIS, Inni alla notte, Poesia straniera tedesca, La Biblioteca di Repubblica, Gruppo editoriale L’Espresso, Firenze, 2004.

9)    Pedro CALDERON de la BARCA, La vita è sogno, Poesia straniera spagnola e ispanoamericana, La Biblioteca di Repubblica, Gruppo Editoriale L’Espresso, Firenze 2004.

10)                      Umberto ARTIOLI, L’officina segreta di Pirandello, Roma – Bari Laterza, 1989.

11)                      SITO INTERNET, http://www.jaddico.it / giovanni. Htm

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Giovanni REALE, Pirandello e il mistero  in Pirandello e la fede, atti del XXXVII Convegno internazionale di Studi pirandelliani, Edizioni Centro Nazionale di studi pirandelliani, Agrigento, anno 2000, p. 50. Nello stesso saggio si dice che I Giganti della montagna possono considerarsi “un vero e proprio manifesto dell’oltre, ossia del mistero, presentato nella dimensione del magico…”

[2] Umberto ARTIOLI, La madre e i figli cambiati: il Gigante e l’Angelo, in Testi e messa in scena in Pirandello, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1986. p.151.

[3] L. PIRANDELLO: Informazioni sul mio involontario soggiorno sulla terra, in Saggi, Poesie, Scritti vari, a cura di Manlio Lo vecchio – Musti, Arnoldo Mondatori Editore, Milano, 1993, p. 1105.   

[4] L. PIRANDELLO, I Giganti della montagna, con introduzione di Nino Borsellino e Prefazione di Marziano Guglilminetti,  Edizioni GARZANTI, Milano, 1995, p. 178.

[5] Ivi, p. 179

[6] Ivi, p. 181

[7] Umberto ARTIOLI, La madre e i figli cambiati: il Gigante e l’Angelo, in Testo e messa in scena in Pirandello, Roma, La Nuova Italia Scientifica, 1986, p.151

[8] L. PIRANDELLO, I Giganti della montagna, op. cit., pp. 223 – 224.

[9] Ivi, p., 222.

[10] Umberto Artioli, L’officina segreta di Pirandello,, Roma – Bari Laterza, 1991, pp. 95 – 96.

[11] Roberto ALONGE, I Giganti della montagna, l’enigma di un’opera incompiuta, Introduzione ai I Giganti della montagna, Arnoldo Mondatori editore, Milano, 1993. ; Umberto ARTIOLI, La madre e i figli cambiati; il gigante e l’Angelo, op. cit.

[12] La citazione è tratta da Roberto Alonge I Giganti della montagna: l’enigma di un’opera incompiuta, prefazione all’opera di Pirandello, Arnoldo Mondatori editore, Milano 1993, p. XXIII.

[13] La citazione è tratta da Sigmund FREUD, L’interpretazione dei sogni, ed. CDE spa – Milano su licenza dell’ Editore Boringhieri, 1973, p.28

[14] Tutte queste citazioni sono tratte da Sigmund FREUD, op. cit. p. 28.

[15] Umberto ARTIOLI,La madre e i figli cambiati:il Gigante e l’Angelo ,op. cit. p.151. Le parole di Cotrone si possono leggere a pag.211 de I Giganti della Montagna,op.cit.

[16]  Friedrich Leopold von Hardemberg,NOVALIS, Inni alla notte, in Poesia straniera tedesca, Biblioteca di Repubblica, Gruppo editoriale L’Espresso, Firenze, 2004, p.363. Traduzione di G. Bemporad.

[17] Ivi, p. 365.

[18] Ivi, p. 367.

[19] Sito Internet,  http: // www. jaddico. it / giovanni. htm

[20]  Sito Internet, http: //  www. jaddico. it / giovanni. htm

[21] Sito Internet, http: // www. Jadico. It./ giovanni. htm

[22] Pedro CALDERON de la BARCA, La vita è sogno, in Poesia straniera spagnola e ispanoamericana, La Biblioteca di Repubblica, Gruppo Editoriale L’Espresso, Firenze, 2004, p. 235 – 236, traduzione di E. Cancelliere.

[23] L. PIRANDELLO, I Giganti della montagna, op. cit. p. 242.

[24] L. PIRANDELLO, I Giganti della montagna, op. cit., p. 222.

[25] E. BENNATO, L’isola che non c’è, canzone tratta dall’album, Sono solo canzonette, 1980.

[26] E. BENNATO, L’isola che non c’è,  canzone tratta dall’album: Sono solo canzonette, 1980.

[27] Stefano PIRANDELLO,  Il terzo e ultimo atto dei Giganti della montagna, in Luigi Pirandello, I Giganti della montagna, con introduzione di Nino Borsellino e prefazione di Marziano Guglielminetti, Garzanti, Milano, 1995.